Il sesto senso: un format poco originale salvato dall’ironia

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Si ha l’impressione (un sesto senso?) che a Rai3 siano partiti da una formula sicura e già collaudata – quella del “giallista in tv” – e le abbiano appiccicato addosso il primo format trovato nel cassetto.

Il sesto senso, nuovo programma del sabato sera di Rai3 trasmesso per la prima volta ieri 1 Marzo 2014 e condotto dal romanziere Donato Carrisi, sta a metà strada fra il vecchio Blu Notte di Carlo Lucarelli e la versione seria e raffinata dei vari Voyager e Mistero. In sostanza: uno show tutt’altro che di prima mano, in cui il tema delle “infinite potenzialità della mente umana” fa da comune denominatore a una manciata di servizi oscillanti tra gli orrori della cronaca nera e la divulgazione più o meno scientifica.

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La storia di un ragazzo autistico dalla memoria prodigiosa; la possibilità di riconoscere scientificamente i bugiardi; l’efficacia dei messaggi subliminali; le gesta di serial killer assortiti; le misteriose menzogne di Michele Misseri. C’era molto, in questa prima puntata de Il sesto senso, ma nulla di così nuovo, interessante o sconvolgente da giustificare la lentezza di una narrazione fin troppo pacata e “letteraria” che induce sovente allo sbadiglio; e la presenza in studio di un Donato Carrisi garbato e convincente non basta a cancellare la fastidiosa sensazione di già visto.

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In ogni caso si apprezza il tentativo di fare divulgazione su tematiche “incredibili” senza scadere nel sensazionalismo più becero; e si apprezza l’ironia di un conduttore che apre la puntata sul pezzo dei Beach Boys scritto nientemeno che da Charles Manson (Never Learn Not to Love) avvertendo truce: “Ascoltando questa canzone diventerete anche voi… dei serial killer”.

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