Capita poche volte di vedere sugli schermi televisivi italiani un mito autentico. E’ accaduto ieri 2 febbraio 2014 a Che tempo che fa, quando sulla poltroncina dello show condotta da Fabio Fazio si è materializzato nientemeno che David Lynch. Regista, pittore e musicista originario di Missoula nel Montana, massimo divulgatore del surrealismo cinematografico grazie a opere rimaste nella memoria collettiva come The Elephant Man e Twin Peaks, Lynch è un personaggio venerato da schiere di appassionati in tutto il mondo e nel corso dell’intervista condotta da Fazio non ha tradito l’aura leggendaria che lo circonda.
Quasi settantenne ma ancora molto giovanile nell’aspetto, cordiale ed elegante nei modi, l’artista americano non trasmette neanche un po’ la carica di inquietudine e angoscia dei suoi film ma è certamente quel tipo originale che ci si aspetterebbe: capace di passare nell’arco di pochi minuti da una citazione della battuta di Luciana Littizzetto sui peti andata in onda poco prima ad una bizzarra ed ermetica lezione sulla meditazione trascendentale.
Introdotta da brevi spezzoni delle sue opere più famose – Eraserhead, The Elephant Man, Velluto blu e Cuore selvaggio – l’intervista è risultata nettamente divisa in due parti. La prima parte è stata un colloquio a tre al quale ha partecipato anche Carlo Verdone, dove si è parlato di cinema e pittura con riferimenti alle opere di Hopper, Magritte, Bacon, Kubrick e Fellini. Toccanti e appassionate le parole che il grande regista ha riservato ad uno dei suoi maestri, Federico Fellini.
Fellini ha una voce talmente unica che nessuno sarà mai come lui. Voi italiani avete un tesoro reale, perché Fellini è uno dei più grandi cineasti mai avuti nella storia del cinema. Faceva astrazioni, sogni, aveva uno humor fantastico, trasmetteva emozioni: insomma, aveva dei sentimenti fra i più meravigliosi che riusciva a buttare fuori. E’ davvero un grande debito quello che abbiamo nei suoi confronti.
Mentre alla domanda se avesse nuovi film in lavorazione dopo un silenzio di quasi otto anni il regista si è trincerato dietro un sorridente “top secret”.
La seconda parte, dopo l’uscita di scena e i saluti di Carlo Verdone, si è incentrata soprattutto sulla meditazione trascendentale, pratica di cui Lynch è notoriamente grande sostenitore e promotore. Assolutamente cult il lungo, arduo ed introspettivo soliloquio sull’interiorità umana “spiegato” con un’illustrazione su un foglio di carta, un momento che deve aver messo a dura prova l’interprete. Del resto non sarebbe David Lynch senza una generosa manciata di incomprensibilità…
Per i cinefili e gli appassionati che si fossero persi la memorabile intervista, ecco il video.