Carosello Reloaded: come vandalizzare i ricordi e vivere felici (dove sei, Neo, quando c’è più bisogno di te?)
Settimane fa Mamma Rai, sempre proiettata nel futuro, se ne è uscita con l’idea di recuperare Carosello, terrorizzando entusiasmando giovani e meno giovani. “Torna Carosello! Il programma di cui non sentivamo il bisogno, che ha fatto il suo tempo e che non ha senso rifare! Evviva!”.
Bene. Ieri sera è andata trionfalmente in onda la prima, mirabolante puntata di Carosello Reloaded, quasi fosse un episodio di Matrix. Molti spettatori, in questo senso, dopo un paio di minuti avrebbero voluto che apparisse Neo Anderson, l’Eletto, per prendere a calci volanti chi ha avuto la brillante intuizione di vandalizzare uno dei ricordi più nostalgici degli italiani.
Carosello Reloaded, infatti, s’è rivelato di una bruttezza rara. Un modo bieco di raschiare il fondo del barile del marketing. Cinque minuti di spot, di cui la metà passata a mostrare pubblicità già note, e l’altra metà a tentar di incastrare personaggi di quarant’anni fa nella realtà di oggi. Il risultato? Un abominio anacronistico, né carne né pesce: le nuove generazioni lo fissano perplesse, la vecchie generazioni lo rifiutano atterrite.
Seriamente, la cosa che realmente manca a questo Carosello è proprio l’epoca che l’ha generato: ogni pensiero o evento è figlio del suo tempo, e come tale funziona al massimo del suo potenziale solo se inserito in quel particolare contesto. Riproporre Jo Condor o “Gigante, pensaci tuuu” nel 2013, a decenni di distanza, sa di mossa della disperazione. Come lo sarebbe, ad esempio, quella di ritentare la sorte in tv con “Fantastico” o “Drive In”. Sono proposte ormai passate, che andavano bene in quel particolare momento storico, e che vanno lasciate lì, nel cassetto dei ricordi. Parafrasando Morpheus: “Cari pubblicitari, benvenuti nel mondo reale: ora sveglia, sennò la pillola rossa ve la ficco nel naso”.