1918: benvenuti alla 68esima edizione del Festival di Sanremo

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Ah beh, il Festival di Sanremo è un po’ come il Natale, non pare anche a voi? Quando arriva è sempre una festa: colori e artisti e lustrini e paillettes e statuarie bellezze dal marmoreo seno, fasciate in abiti da mille una notte…ah sì sì sì, proprio bello.

Poi però, a furia di seguire la serata, mi assale un pensiero: Baglioni che canta…Canzian che canta…poi arrivano Fogli e Facchinetti che cantano anche loro, poi compare Sting, poi ospite speciale Vecchioni. Ecco Vecchioni: nomina nomen…sarà che guardo lo show mentre faccio a maglia e non me ne sono accorta subito, ma possibile che l’edizione del Festival 2018 sia così popolata da cantanti nati in tempo di guerra?

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Certo, non sto mica dicendo che bisognerebbe chiuderli in una casa di riposo, per carità: anche perché, per ragioni anagrafiche, pure io verrei tradotta in quei luoghi. Però, mentre sferruzzo la sciarpa per mio nipote che studia nelle Americhe (fa freddo a Boston d’ inverno, piccino lui) mi chiedo: ma di cantanti dell’età di mio nipote non ce ne erano? Davvero in Italia, nel 2018, gli unici artisti riconosciuti come tali e come tali patentati sono sopravvissuti ai bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale?

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Eppure sono ragionevolmente persuasa del contrario: sbaglierò. Su una cosa invece temo di non mettere il piede in fallo: è proprio vero che Sanremo (e la televisione in generale) siano lo specchio di un Paese e il nostro (è ufficiale) non è un Paese per giovani. Speriamo invece mio nipote torni presto.

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